20/02/08 (B435) Italie : appel pour sauver le Tchad (Tradotto da Manuela Vittorelli, membro di Tlaxcala)(En Italien – Info lectrice)

APPELLO URGENTE

Al Presidente della Repubblica del Ciad;
Al Primo Ministro, Capo del Governo;
Ai membri del Governo;
Al Presidente dell’Assemblea Nazionale;
Ai Deputati
A tutti coloro che amano la pace, la giustizia, il perdono e l’equità;
A tutta la comunità internazionale;
Alle Nazioni Unite;
All’Unione Europea;
All’Organizzazione Internazionale della Francofonia;
Alla Comunità degli Stati del Sahel e del Sahara (CEN-SAD);
All’Unione Africana;
Agli Stati Uniti;
Alla Francia

Salviamo il Ciad

Dalla conquista dell’indipendenza da parte del nostro paese, l’11 agosto del 1960, la pace è stata il filo conduttore di tutti i governi che si sono susseguiti. Sfortunatamente le molteplici politiche di riconciliazione nazionale non hanno mai invertito la tendenza.

Di fronte al deterioramento della situazione e al virus della violenza che colpisce indifferentemente tutti i ciadiani, si sono levate qua e là delle voci che reclamano l’instaurazione di una pace duratura in Ciad, ma invano.

Dopo avere preso realisticamente atto della situazione politica del Ciad, il 16 novembre del 2002 le organizzazioni della società civile hanno lanciato un appello alla pace e alla riconciliazione con l’unico obiettivo di fermare le successive malaugurate guerre con tutte le conseguenze che conosciamo, deploriamo e condanniamo.

Questo appello alla pace e alla riconciliazione è stato indirizzato in particolare al Presidente della Repubblica, al Governo e all’Assemblea Nazionale perché prendessero la coraggiosa iniziativa di organizzare al più presto un incontro di riconciliazione nazionale che raggruppasse senza esclusioni l’insieme dei rappresentanti della vita pubblica, politica, sociale e della rivolta armata. Il fine ultimo di questo appello alla pace e alla riconciliazione era quello di creare le condizioni di una pace globale e duratura, di rinunciare all’esercizio del potere con la violenza in accordo con la Costituzione della Repubblica del marzo del 1996, di ristabilire la sicurezza delle persone e delle proprietà su tutto il territorio nazionale, di concorrere a un’autentica espressione democratica e di mobilitare la popolazione sulle questioni della cittadinanza, della militanza politica e del multipartitismo.

Ai ribelli armati le organizzazioni della società civile hanno chiesto di rinunciare alla violenza come strumento di acquisizione del potere, e questo per far rispettare i diritti umani conformemente all’ideale di pace, giustizia e responsabilità raccomandato dalla Legge Fondamentale del nostro paese, ma invano!

Dopo quello che abbiamo vissuto o visto alla televisione, l’1, il 2 e il 3 febbraio 2008, e quello che abbiamo capito della democrazia, il cui fondamento consiste nel lasciare esercitare il potere al popolo e per il popolo, oggi i ciadiani hanno il diritto di chiedere perché coloro che sono stati eletti per presiedere al loro destino non li ascoltano, non ascoltano i loro pianti e i loro appelli nei momenti difficili della storia.

Tutto ciò è incomprensibile, e sulla base di questa constatazione il collettivo delle associazioni per la Difesa dei diritti umani e le Organizzazioni Non Governative vi invitano individualmente o collettivamente a impegnarvi per il conseguimento di quella pace che attendiamo con tutto il nostro cuore.

Perché questo appello urgente?

Per i ciadiani si tratta ora di agire come cittadini nel tentativo di salvare il nostro paese: di qui l’appello urgente alla comunità internazionale, al governo del Ciad e alle truppe dei ribelli perché si assumano maggiori responsabilità e non si limitino a osservare un silenzio complice di fronte al dramma vissuto dal paese.
Con questo appello vogliamo far sì che il nostro paese viva in pace. Guardando ai recenti fatti di N’Djamena, la guerra ha portato distruzione, migliaia di feriti, senza tetto, morti e sangue versato a causa del potere. È grottesco, perché si possono trovare strumenti migliori per il dialogo.

Questi sono ciadiani che distruggono i beni comuni e i beni di altri ciadiani. Perciò noi rifiutiamo questa violenza inutile.

Ricordiamo, cari fratelli ciadiani, che Dio ha creato l’Uomo a sua immagine.

L’ha creato per coltivare l’amore e non per distruggersi. Ha anche dato il potere ai governanti perché proteggano i cittadini e non perché li espongano alle peggiori atrocità.

Oggi i governanti, così come i ribelli, vogliono tutto per sé a scapito della grande maggioranza del popolo.

Ricordiamo anche per un istante le ingiustizie e le frustrazioni che hanno condotto agli attuali deprecabili conflitti. Questi conflitti provocano odio, guerra, morte e distruzione in un paese che possiede mezzi già limitati.

I primi vogliono tutto esclusivamente per sé. Gli altri non li considerano più, li odiano. Ecco la società di morte nella quale siamo finiti, singolarmente o collettivamente. Anche solo per una volta, gli eletti dal popolo devono ascoltarci perché noi aspiriamo soltanto alla pace.

Noi abbiamo bisogno di una società fondata sulla vita. Una società che nasca dall’altruismo e in cui ciascuno sia tenuto in considerazione dall’altro. Ed è grazie a questo altruismo che deve nascere il dialogo che conduce alla considerazione, al rispetto e all’amore per l’altro. Il dialogo fa nascere l’amore e l’amore produce pace. L’amore è anche giustizia. E la giustizia è portatrice di vita.

Noi non vogliamo essere tra quelli che mandano il paese alla deriva. L’esperienza del regime Habré deve insegnarcelo. Non vogliamo più seguire chiunque possa spingere tutti noi in un baratro fatale. Noi siamo, saremo e resteremo dalla parte di coloro che vogliono parlare sinceramente e responsabilmente. Domandiamo inoltre a tutte le parti belligeranti di ritornare sulla terra, di tornare in sé, e ricordiamo in questa occasione al Capo di Stato l’impegno preso all’inizio del suo mandato: « io sono il presidente di tutti i ciadiani ».

Ai ribelli armati chiediamo di accettare di partecipare al gioco democratico per evitare inutili spargimenti di sangue; è questo il prezzo della sopravvivenza del Ciad.

– Esigiamo qui la liberazione immediata dei tre capi dell’opposizione politica (Mahamat Lol Choua, Ngarlejy Yorongar, Ibni Oumar Mahamat Saleh) detenuti in luoghi segreti e di porre fine alla caccia alle streghe così da alleggerire il clima già molto teso per il ritorno di una pace duratura.

– Deploriamo inoltre l’euforia delle forze di sicurezza di Moundou mandate come rinforzi a N’Djamena, che al ritorno, il 13 febbraio, si sono messe a sparare con armi leggere e pesanti provocando due morti, tra cui un bambino di 22 mesi, e molti feriti.

– Lasciamoci guidare dal senso di responsabilità perché il Ciad possa avere la pace. E questa pace non può essere costruita senza l’aiuto della comunità internazionale, alla quale facciamo appello con tutto il nostro cuore.
Anche questo significa agire in nome dell’umanità!

Moundou, 15 febbraio 2008

Le organizzazioni della società civile ciadiana di Moundou

CPPL, ASSAILD, ASDEC, APLFT, ATPDH, ATNV, BAOBAB, BELACD, CMD, CELIAF, CDJP, LTDH, INADES-FORMATION, UFEP, CF-SET.